C’è una gran festa.
Il paese è illuminato a giorno da luci multicolori,
(disposte su numerosi archi, come quelle che si vedono nei più grandi e belli luna park)
molto vivaci e chiassosi per occhi abituati a serate spente e incolori.
La piazza principale e le strade del centro storico sono gremite di persone, che camminano a passo di lumaca, respirando... ma poco;
(che solo a fatica riesce a riconoscersi in una simile confusione e che cammina a passo di lumaca respirando... ma poco, così accalcate tra di loro tanto da sembrare immobili)
danno l’impressione di essere tutte ferme e immobili come i soldati in attesa di un ordine del loro comandante.
Voci infantili, piene di gioia, corrono numerose verso i venditori di piccole(o modeste)
ed effimere felicità;
si mischiano i diversi dialetti,
(dialetti diversi si mischiano)
mentre lingue lontane cercano, con non poche difficoltà, di addattarvisi;
(insieme in un cocktail incomprensibile (dal gusto incerto), mentre i rumori delle macchine generatrici di energia si confondono con questa orgia di suoni.)
confondono i rumori di macchine che sputano energia per la festa.
E’ un’orgia di suoni, un cocktail amaro e duro da digerire
(per orecchi che della sera ascoltano solo il silenzio).
Alimenti di vario tipo si mescolano in una zuppa di odori che provocano insani pensieri bulimici.
Chi invece non ha di questi pensieri, diciamo pure materiali,
(ma di tutt’altro genere, è una piccola testolina coperta da un casco di capelli lisci e sottili come spaghetti di colore biondo-giallo)
è giallo, insolitamente tranquillo ed immobile, un ragazzino di 13 anni, che con molto interesse osserva qualcosa, e con altrettanta pazienza attende il momento opportuno.
“Acqua cheta rompe i ponti” afferma un vecchio proverbio.
Infatti improvvisamente la sua quiete si interrompe.
Con movimenti decisi ma(e) lenti estrae una fionda dalla tasca posteriore dei suoi jeans corti e la impugna con la mano sinistra; con la destra riempie, di numerosi e piccolissimi pezzi di vetro, la tasca della fionda.
Con forza stringe il legno biforcuto, appoggiando per bene il pollice dove ha inizio la biforcazione; con l’altra mano, molto accuratamente, prende la tasca della fionda e comincia a tirarla indietro, tendendo allo spasimo gli elastici che collegano forcella e caricatore.
Punta l’arma verso l’obiettivo, alcuni aggiustamenti e poi... immobile.
Immobile la mano sinistra che tiene il legno.
Immobile anche la mano destra che tiene la tasca.
Ma soprattutto immobile è tutto il resto del corpo, tranne il torace mosso da una respirazione perfettamente armonica.
Di nuovo quel proverbio: “Acqua cheta rompe i ponti”.
D’improvviso anche il torace è immobile, il respiro è trattenuto, poi...la mano destra lascia il caricatore.
Sembrano brevi fuochi artificiali i rumori che seguono, di quelli che esplodono quasi contemporaneamente.
Durano un attimo, giusto il tempo di sorprendersi.
Prima spavento... e poi sorpresa.
Ad esplodere sono stati solo dei palloncini...
Il venditore di palloncini, un omone tutto muscoli, che non è né spaventato né sorpreso ma solo furioso, si muove con aria minacciosa, guardandosi intorno alla ricerca del colpevole.
Lui, il furfante, con l’arma ancora in mano bene in vista, sta ridendo a crepapelle.
In mezzo a tutta quella folla, l’omone lo scorge... lo ha scoperto, è lui, è giallo.
Lo separano dal malfattore solo 30 metri. Risoluto si avvia verso il ribaldo.
Mosè, stendendo il suo bastone verso il mare, con l’aiuto di dio, divise le acque, lasciando un ampio corridoio asciutto nel quale gli ebrei s’inoltrarono salvandosi dalla furia degli egiziani.
L’omone, stendendo il braccio, la mano, l’indice verso la canaglia, con i suoi occhi furenti, divide la folla ed ottiene un breve corridoio nel quale si inoltra.
Lui, la canaglia, il ribaldo, il malfattore, il furfante, il colpevole, è ignaro del proprio immediato futuro; si accorge della sua vittima/carnefice solo quando gli è quasi addosso, solo allora comincia a farsi luce, nella sua testolina tutta eccitata, un futuro non tanto roseo che di lì a poco diventerà un presente scuro come il cielo quando si prepara per un lungo ed intenso temporale.
I calci che l’omone lascia partire alzano da terra giallo senza che lui tenti di farlo con le proprie forze.
Ma non un grido, non un lamento, giallo, nonostante il dolore, non emette alcun suono.
La gente non si sogna minimamente di intervenire, giudica giusta la punizione, conosce bene il ragazzino biondo saltellante e sa di ciò che è capace. I genitori se lo venissero a sapere, sarebbero capaci di fare ben altro sul loro figliolo.
Dott. Rocco Luigi Gliro
Psicologo Psicoterapeuta Matera
Psicologo Psicoterapeuta a Matera
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